"Biocarburanti... si certo... ma a quale prezzo?".
Mi spiego meglio.
Nel Sud America, più precisamente in Brasile, dove l'esperienza con il carburante di derivazione vegetale è oramai un fatto consolidato da decenni, ogni giorno si disbosca una "piccola" parte di foresta amazzonica (fondamentale per l'equilibrio climatico globale), per ottenere terreno per le colture (cereali, barbabietole, canna da zucchero, colza etc.) destinate alla produzione di biocarburante; questo terreno (nel giro di un paio di anni) esaurisce la sua fertilità e si trasforma in un arido deserto senza troppe possibilità di riconversione.
Avanzato il deserto riparte l'avida ricerca dell'uomo di altri terreni da "depredare". Pensate che, da Agosto a Dicembre dello scorso anno, i dati rilevati dai satelliti parlano di circa settemila chilometri quadrati (un'area grande come l'Umbria) di foresta pluviale, devastati dall'operato dell uomo. Settemila chilometri quadrati in 5 mesi, vuol dire un ritmo di disboscamento incrementato del 40% rispetto al 2006 (Fonte). Le recentissime dimissioni di Marina Silva (ministro dell'ambiente del governo Lula) non sono che l'amara ciliegina sulla torta.
Tali opinioni in merito si possono agilmente riassumere con questa dichiarazione fatta dalla Lipu qualche settimana fà:
"I risparmi nell’emissione di gas serra in atmosfera che i biocarburanti (bioetanolo e biodiesel) permettono di ottenere rispetto ai carburanti fossili sono in diversi casi inesistenti a causa delle elevate quantità di fertilizzanti azotati necessari per la coltivazione, fonte di un potente gas serra come il protossido di azoto. Addirittura la quantità di emissioni di gas serra causate dall’intero ciclo di coltivazione e utilizzo dei biocarburanti risulta maggiore di quello dei combustibili fossili". (Fonte)
Da più parti inoltre sembra avanzare insistentemente la tesi (abbastanza discutibile) secondo la quale la crisi alimentare (ad esempio l'aumento dei prezzi dei cereali) sia tutta, o in parte, colpa dei biocarburanti. Jean Ziegler, relatore speciale Onu per la Commissione sui diritti dell'uomo, ha definito la sottrazione di terra arabile alla produzione alimentare (per destinarla ai carburanti), un "crimine contro l'umanità" (Fonte/Fonte).
Ovviamente (oltre Jeff Tschirley) c'è chi non condivide tali affermazioni, e chi come Lula smentisce in questo modo: "Non venitemi a dire, che il cibo costa di più a causa del biodiesel. La ragione si deve ricercare nel fatto che il mondo non era preparato a vedere milioni di cinesi, indiani, africani e sudamericani mangiare con regolarità". (Fonte)
Biocarburanti...si...ma a quale prezzo?
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