sabato 24 maggio 2008

Web 2.0 (beta) e Creative Commons, non tutti i diritti sono riservati

“Dal momento che la società nella quale viviamo è dedita all’acquisizione di proprietà e al guardagno, di rado ci capita di trovarvi manifestazioni della modalità esistenziale dell’essere, e la maggior parte di noi considera la modalità dell’avere come la più naturale, anzi l’unico stile di vita accettabile; tutto questo ha per conseguenza che per la gente riesce particolarmente difficile comprendere la caratteristica della modalità dell’essere, e persino capire che l’avere non è che uno dei possibili indirizzi. Ciò non toglie che entrambe le concezioni abbiano radici nell’esperienza umana.”

Erich Fromm -Avere o Essere?- 1976

Oggi è il singolo individuo la vera chiave di volta del web, il fulcro della rete, una rete, più che mai in progressivo e costante sviluppo, costituita sempre più da intensi legami sociali, esperienze e manifestazioni personali; il World Wide Web, da quando ha visto la luce la sua più larvale idea nei laboratori del CERN di Ginevra alla fine degli anni ‘80, è nel giro di pochi anni passato, da sterile vetrina di contenuti e prodotti (prolungamento di un business vecchio stampo), a tutto ciò che è sintetizzabile con l’espressione “read/write web”. La tecnologia, sempre più user friendly e low cost, viene utilizzata sempre più per produrre, che per consumare.

Se infatti la vecchia concezione di rete portava l’utente al semplice consumo ed alla fruizione passiva di contenuti pressochè prestabiliti, questa, invità alla partecipazione ed alla crescità colletiva. Stiamo così assistendo (molti in veste di pionieri), a quello che è stato, è, e sarà, il Web 2.0.

Come molti di voi già sapranno il termine ha oramai decisamente preso piede, ma c’è ancora un grande disaccordo circa il significato di Web 2.0; alcuni lo denigrano, considerandolo un arguta terminologia di marketing alla moda, mentre altri lo accettano come una sorta di nuovo “standard” convenzionale.

Tra i tanti detrattori possiamo trovare Robert Cailliau, co-inventore con Tim Berners-Lee del “www”, che critica aspramente il web 2.0 affermando:

“Il web 2.0 non esiste, si tratta solo di un uso sociale della rete, ma non è una novità. Fin dal primo giorno, la rete è nata con l’obiettivo di mettere in condivisione contenuti e in contatto persone. Semplicemente, ora è più facile farlo”.

Per tutti quelli che invece percepiscono nel web 2.0 delle novità nelle innovazioni introdotte, è possibile riddure il tutto (senza eccessivamente snaturare troppo la sua essenza) ad un un insieme di approcci innovativi per utilizzare la rete; il paradigma alla base del Web 2.0 (ricordiamo che una delle caratteristiche più innovative dell’era 2.0 è proprio la nascita del blog) è la possibilità stessa degli utenti di prendere informazioni, dati multimediali ed esperienze diverse, ridistribuendole per nuovi scopi e sotto nuova luce, aggiungendo ad ogni passaggio un contributo personale e/o un valore unico aggiuntivo.

Per questo Tim O’Reilly parla di una fase di “Beta Perpetuo”:

“Quando i dispositivi e i programmi sono collegati a internet, le applicazioni non sono più manufatti software, ma servizi in via di sviluppo. Perciò: Non inserite più nuove funzioni in realease monolitiche, ma, al contrario, aggiungetele regolarmente come parte della normale esperienza dell’utilizzatore. Impegnate i vostri utenti come collaudatori in tempo reale e dotate il servizio di strumenti di controllo così saprete come la gente usa le nuove funzioni.”

E’ in questo fervente panorama in continua evoluzione che si va ad inserire Creative Commons, il cui lancio ufficiale avvenne a San Francisco nel 2002, ad opera di un lungimirante quanto audace professore di diritto dell’università di Stranford, Lawrence Lessing. Nell’ideare questo “marchio” Lawrence L. ha voluto rende il più duttile possibile il monolitico “all right reserved” (letteralmente il classico “tutti i diritti riservati”), troppo stretto ed antiquato per uno spazio in continua espansione come il web.

Lawrence Lessing afferma numerose volte:

“Creative Commons non è un anticopyright, nè a favore della pirateria. E’ uno strumento flessibile che permette di decidere come distribuire i prodotti”

e ancora….

“CC è studiata per fare da cross over tra l’economia commerciale e quella della condivisione, in modo da mischiare due ambienti economici non separati, perchè noi stessi produciamo in spazi differenti. Talvolta creiamo per soldi, altre semplicemente per condividere con gli altri”.

Le licenze Creative Commons hanno espressamente il compito di restituire a chi crea un’opera la possibilità di decidere a quali usi destinarle; che sia per la semplice circolazione o per trarne profitto, con la possibilità di preservare allo stesso tempo il copyright per gli usi commerciali. Le CC non sono che uno strumento tramite cui il titolare dei diritti concede determinati permessi ai licenziatari [vedi].

Non certo a caso, oggi Creative Commons, ha fatto breccia proprio in chi vede nelle potenzialità messe a disposizione del web 2.0, un possibile sviluppo slegato dal canonico modello economico. Tra i fan di “prestigio” troviamo infatti personalità alquanto diverse del calibro di Gilberto Gil (musicista e Ministro della Cultura brasiliano), Philip Rosedale (fondatore di LindenLab software house di Second Life) e i Nine Inch Nails (famosa band industrial rock statunitense).

Proprio questi ultimi hanno recentemente portato alla ribalta il connubio Creative Commons e “condivisione via Peer 2 Peer” distribuendo in modo del tutto innovativo (per una band del loro calibro) le loro ultime due fatiche musicali, “Ghosts I-IV” e “The Slip”.

La scelta di affidare ad un protocollo p2p i loro album non è affatto casuale, ma si fa portatore di un principio chiave del web 2.0, ovvero il servizio migliora con il potenziale aumento degli utenti; solo in questo modo un prodotto può raggiungere un livello di “arricchimento” e diffusione più elevato.

Non è forse questa, la strada da seguire?? Una maggiore comprensione delle licenze CC, un utilizzo consapevole ed alleatorio delle reti p2p… non è forse questa la via??

Major di tutto il mondo e Istituzioni sembrano ancora parzialmente non rispondere a questo profondo cambiamento, che, grazie al mezzo di diffusione (internet), sta raggiungendo moltissimi campi dello scibile umano.

A quando una più diffusa presa di coscienza di questa nuova complessa e variegata dimensione tecnico-sociale??

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